Come sentirti sicuro in mezzo alle donne pur soffrendo di pene sessuali.

da | Autostima

Quando il pene è in pena inevitabilmente condiziona la vita sociale, amicale e relazionale del suo proprietario. Rapidamente perdi interesse per l’universo femminile, non osi più flirtare con nuove donne. L’unico desiderio è metterti in salvo, ed così che fuggi dai un potenziali partner per timore di doverti mettere di nuovo alla prova e provare il tuo fallimento. D’un tratto tutto quello che hai costruito con sacrificio, tutti i tuoi successi nei diversi ambiti di vita sembrano non bastare, senti di non valere abbastanza e ti accorgi di aver perso la stima in te stesso.

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Avere una scarsa autostima è come percorrere la strada della vita con il freno a mano tirato

Maxwell Maltz

Il tallone di Achille

Gomiti appoggiati sulle ginocchia, braccia ricoperte da tatuaggi che reggono una testa ricoperta di capelli neri stretta tra le mani, sguardo puntato in basso e un silenzio assordante che circonda la sagoma di uno degli umani maschi più belli che abbia mai varcato la soglia del mio studio.

Resta fermo qualche istante e poi lascia che scivolare le sue mani bianche lungo il viso mentre alza il suo sguardo verso di me.

Uno sguardo che non posso dimenticare, al contempo vulnerabile e disperato, i suoi occhi blu profondi come il mare cercano un mio segnale, come un condannato a morte cerca di aggrapparsi alla speranza della grazia.

Ricordo quel breve istante come se fosse appena accaduto.

Proprio così.

Ci sono istanti che restano impressi nella mente di ognuno di noi. Questi momenti, sono ricordi che si esprimono sotto forma di immagini e ci accompagnano indipendentemente dalla nostra volontà. La mia personale immagine è particolarmente forte perché avere un umano maschio del tipo “Alfa” che mostra il proprio tallone d’Achille ad un umano femmina, seppur categoria “dottore” può significare solo due cose: ho rinunciato e non mi interessa più niente di amore e sesso oppure sei l’ultimo appiglio che ho prima di sprofondare nell’abisso. In entrambi i casi sta gridando aiuto.

Io non sono riuscita a dimenticare quel momento, me lo porto dietro da una vita e mi condiziona la vita professionale.

Ti chiederai: Perchè proprio quella?

Me lo sono chiesta anch’io e da brava ricercatrice ho iniziato a studiare!

Lascia che ti dica una cosa…

Le neuroscienze ci insegnano che queste immagini che altro non sono che ricordi definiti “lampadina” si accendono quando il cocktail di adrenalina ed emozioni si agita dentro di te, perché il nostro cervello emotivo è sempre attivo e pronto per entrare in azione, così quando qualcosa ci colpisce particolarmente o in un momento dove siamo molto attivati, come me che ero totalmente presa dalla seduta, si forma una traccia che s’imprime in modo indelebile nella mente.

Ed è così che se sei fortunato hai ricordi belli che tieni stretti come un dono prezioso, ma indipendentemente dalla tua volontà ne di meno belli che vorresti infilare nel dimenticatoio ma senza successo.

A me piace chiamare questi ricordi che arrivano sotto forma di immagini ” La mia Live Photo” perché mi ricordano quelle scattate dal mio smartphone e che adoro perché quel secondo e mezzo prima e dopo lo scatto te le rende vive.

Comunque devo ammettere che per è stata davvero utile.

Come?

Diventando la colonna sonora che accompagna le mie sedute di sessuologia. Questo mi consente di sintonizzarmi con chi ho davanti e mi spinge a dare il massimo per arrivare il più velocemente possibile alla soluzione.

Per poter capire però devi fare un tuffo insieme a me nel passato.

Era il 2020.

Ricordo ancora quel giorno di marzo, giorno in cui avrei incontrato l’uomo che avrebbe segnato la mia colonna sonora. Erano le 8.45 ed arrivai in studio letteralmente correndo. Dopo aver accompagnato mia figlia a scuola avevo imboccato la solita strada ma quella mattina era tutto bloccato, un incidente aveva congelato la circolazione e sono stata costretta a fare un giro lunghissimo. Davanti al mio studio non c’era un parcheggio libero neanche a pagarlo ed io mi stavo innervosendo, perché detesto fare tardi quando ho un nuovo paziente.

Tuttavia mentre camminavo e attraversavo frettolosamente le strisce pedonali, avevo il tempo necessario per ricontrollare il nome del paziente che aveva prenotato direttamente nella mia agenda elettronica e la relativa problematica che lui stesso aveva scritto: ansia.

Penserai: niente di strano Rita, fai la psicologa.

Lascia che te lo dica.

Una sola parola, nessun contatto telefonico.Insomma, diciamo che un piccolo leggero dubbio sul tipo di ansia che mi avrebbe presentato mi era venuto.
Entrai in studio, sbottonai il cappotto e mentre poggiavo la borsa sulla sedia nera il videocitofono suonò e mi mostrò l’immagine del mio paziente.

Aprii il cancello, io mi avvicinai alla porta e girai la maniglia.  Eccolo lì, “ansia” era in carne ed ossa in piedi davanti a me, lo feci subito accomodare, dal suo non verbale traspariva un importante imbarazzo, tipico del tipo di “ansia” su cui mi piace lavorare.

Mario, questo il suo nome,  si era tolto il piumino e frettolosamente si era seduto. Con fatica provava ad alzare lo sguardo verso di me e iniziò a raccontarmi del suo matrimonio.

Capii ben presto che se a divederci era la mia scrivania color ciliegio con il piano in pelle verde ad unirci era la lotta contro la disfunzione erettile.

Ricordo che mi dissi: Forza Rita! Vai veloce o “precoce” come solo tu sai fare.

Proprio così.

Da giovane sessuologa strategica che aveva ottenuto un discreto successo con i miei “uomini” dal pene in pena, mi avviavo a sferrare le mie strategie vincenti.

Tutto d’un tratto però mi sentii spiazzata.

Non me l’aspettavo proprio.

Avevo appena imbracciato il fucile, carico di tutti i miei proiettili ma non avevo più il bersaglio davanti a me.

Non ci potevo credere.

Mi stavo facendo il più ghiacciato bagno di realtà che potessi fare.

Anzi, la verità?

Venni travolta da uno tsunami di realtà.

Lo ammetto, non sapevo che fare!

Lui era lì davanti a me, nell’immagine che sarebbe diventata la mia “colonna sonora”ed io scoprii che l’era del pacco era finita (leggi il mio articolo “Quando scaricare il tuo partner nello studio del sessuologo”).

Proprio così perché devi sapere che fino ad allora avevo giocato facile.

In che senso?

Facile era stato per me trattare la disfunzione erettile con la complicità e l’aiuto del partner, ma in questo caso non solo il partner non c’era ma avevo davanti a me un uomo distrutto da 3 anni di tentativi di erezione continui, ripeto “tentativi” quindi fallimento.

Lascia che te lo dica: Mario complimenti per la tenacia!

Perché se è vero che dopo poco tutti dopo i primi fallimenti consecutivi iniziano ad evitare l’esposizione, c’è sempre quello originale.

E a chi vuoi che capiti se non a me?

Per fortuna a me tutto ciò che è originale piace.

La storia di Mario in breve era la seguente: una vita sessuale appagante, innamorato perso della moglie che lo scarica dopo 20 anni e lasciandogli un’evirazione psicologica totale (Ghigliottine sessuali) e prima di approdare nello studio della sottoscritta aveva fatto un giro molto largo affidandosi ad altri due colleghi portatori sani di “pene” che lo avevano ingozzato di infusi, mix vitaminici e tante, tantissime parole. Niente da fare, dai Paesi Bassi: tutto tace.

Anche l’ultimo tentativo farmacologico, ovvero la magica stampella chimica blu, si era rivelato del tutto inutile, come del resto accade nella stramaggioranza dei casi.

Navigando in internet in balia della disperazione aveva trovato il mio profilo, aveva letto le mie recensioni e dopo l’ennesimo fallimento decise di prendere appuntamento.

In questi casi è comprensibile rivolgersi a colleghi maschi, credeva fossero più “portati”, che fosse per loro più facile aiutarlo avendo lo stesso “arnese” e di sicuro provava meno imbarazzo. Tuttavia, oltre a non trovare beneficio, la situazione era precipitata ed io ero la sua ultima speranza.

Ammetto che questo un pò mi aveva infastidita, di nuovo ero rientrata nella stessa categoria quella “ultima spiaggia”.

Te lo devo confessare….

Alla fine non m’interessava così tanto, perché vuoi mettere la soddisfazione?

Mille volte tanto e mi limitai semplicemente a dire: “Così hai deciso di affidarti ad un sessuologo portatore sano di vagina.”

Ed strappato il primo sorriso.

Adesso potevamo iniziare la terapia.

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Il coraggio che manca ai più, è il coraggio di soffrire per cessare di soffrire.

Emil Cioran

Quando l’asta di un uomo si abbassa, l’autostima la segue.

La cosa che annientava sempre di più Mario erano i racconti dalle alte prestazioni sessuali sostenute dal suo migliore amico, almeno questo era quello che diceva a lui.

Proprio così.

Del resto l’amico che soffre della sindrome di “Dongiovanni” ce l’abbiamo tutti e siamo abituati a sentire le narrazioni di conquiste e performance illimitate.

Il suo amico Dongiovanni, a letto faceva peripezie in compagnia di donne che neanche apprezzava, pensare che Mario era talmente tanto un bravo uomo, rispettoso e di valore che non sopportava sentire come questo si prendeva gioco delle donne.

Neanche a dirlo, più il suo amico si vantava con i suoi racconti alla Rocco Siffredi, più lui si sentiva morire dentro.

Parlava continuamente di come gli altri fossero sicuri di se stessi, mentre lui si sentiva così “impotente”. E l’impotenza era il suo segreto inconfessabile. Gli amici che erano all’oscuro di tutto lo spingevano continuamente nella direzione del gentil sesso, tanto che gli dissero che il suo problema era che non aveva abbastanza “autostima” per questo non usciva mai con nessuna.

Nessuno lo riconosceva più, prima ogni momento era indicato per farsi una risata e una bevuta, mentre adesso giorno dopo giorno diventata sempre più schivo e chiuso. Non si sentiva mai all’altezza delle situazione e il virus dell’insicurezza si stava espandendo a macchia d’olio anche laddove non ce n’era motivo.

Con il passare del tempo e l’aumentare dei fallimenti sessuali, anche tutti i suoi successi negli altri ambiti di vita come lavoro, famiglia, sport, erano sempre più lontani, sbiaditi, privi di colore. Niente più sembrava dargli più soddisfazione.

Ammetto che anche per me era difficile trattare la sua impotenza perché era single e davvero non aveva mai funzionato in 3 anni!!!

E con chi gli facevo provare il protocollo? Come potevo farlo esporre?

Proprio l’esposizione era parte fondamentale del nostro lavoro e non era per niente facile stabilire  dove e soprattutto con chi approcciarsi in quella danza in cui s’intrecciavano le capacità di relazione sensuale, erotica e sessuale.

Quella mattina stavamo parlando di come e chi utilizzare da “cavia” e ricordo che esordì con questa frase: “hanno ragione i miei amici, il mio problema è che ho perso l’autostima. Ci devo lavorare, perché io non ho fiducia in me, non mi sento sicuro e tutte le volte fallisco con le donne.”

Dentro stavo urlando per la cretinata che mia aveva costretta a sentire, ma da brava attrice e terapeuta in modalità “imperturbabile” lo guardai con la faccia piacevolmente sorpresa. E gli dissi: “Penso proprio che sia colpa dell’autostima, dev’essere così. Io erroneamente avevo pensato che dopo tre anni in cui il tuo pisello non funziona, neanche se ti prendi una scatola di Cialis, che non sta su neanche quando ballando ti strusci a quella strafiga, a cui dedichi tanti di quei solitari che ti son venuti i calli nella mano, pensa che credevo fosse il minimo non sentirti sicuro di te, incapace, non all’altezza e non soddisfatto. Pensavo quindi che dato che il pisello non ti funziona come conseguenza tu non potessi avere un buon livello di autostima. Pensa che cogliona.”

Proprio così.

In quel momento fu Mario a fare un bagno di realtà.

La sua asta e la sua autostima erano sincronizzate, ma era il suo pene che abbassava la sua autostima e non l’autostima che abbassava il suo pene. (Autostima reattiva).

Poteva anche non piacergli ma l’unico modo per uscire da questa situazione era affrontare il suo problema sessuale e non crearsi l’alibi dell’autostima perduta.

Devo farti una confessione.

Ho un segreto da svelare.

La verità è che: Rita e autostima stridono nella stessa frase perché io il problema dell’autostima non me lo sono mai posto e prima
di capirlo c’ho messo del tempo.

Proprio così.

Ho iniziato a studiare l’autostima dopo la sessualità e semplicemente perché per me non è mai stata importante, ma per i miei pazienti si.

Sono letteralmente andata alla ricerca di ciò che la letteratura e i colleghi potevano offrirmi in merito a questo tema. Poi leggendo diversi articoli mi sono resa conto che la frase di Mario non era così stupida perché l’autostima, o meglio la sua mancanza o il suo basso livello viene considerato responsabile della maggior parte dei nostri problemi e viene trattato come un obiettivo primario da raggiungere.

Per me non era ancora chiaro, come l’autostima potesse essere la causa del pene in pena, che ci posso fare, a me i conti devono tornare e questo aveva un fallo, faceva acqua da tutte le parti.

Penserai: Ok Rita, ma tu non hai un pene moscio tra le gambe.

No.

Ho di molto peggio. Ma questa è un’altra storia e posso immaginare come si sentono i vari “Mario” che devono nascondere questo handicap.

Quello che emerge in questa situazione è la paura di non essere all’altezza, che inevitabilmente coinvolge l’autostima, perché c’è una condizione di aspettative che io ho nei miei confronti o che gli altri hanno nei miei confronti.

Vergognarsi, aver paura che l’altro non ti accetti per quello che sei e per come sei, con i tuoi limiti, perché in fondo tu per primo non accetti quei limiti fisici.

Quindi sembra proprio che la mancanza di autostima che ti porta a non accettarti così come sei.

Io lo so bene come ci si sente prima, durante e dopo un’incontro con qualcuno che ti piace e sperare tanto che non ci provi con te, perché poi nasce l’aspettativa e relativamente proprio all’essere all’altezza, ci si domanda ma quale altezza?

Dov’è l’asticella?

L’altro cosa si aspetta? Cosa penserà? Cosa posso fare per risultare all’altezza? Come mi devo comportare? E se poi non vado bene? E se non riesco?

Che cosa succede qua?

Prende la parola una sorta di persecutore interno che t’impone un ruolo che tu devi avere e difendere su come tu devi risultare, per te stesso o per compiacere altri per te importanti in quell’ambito, sempre in relazione alla loro aspettativa su di te.

L’aspettativa è l’altezza con la quale ti vai costantemente a misurare, naturalmente se è sopra o al pari ti senti apparentemente salvo, ma se è al di sotto si alimenta la tua paura.

Ed è in questa condizione che ti vedi costretto a tirarti indietro per paura di fallire di nuovo e anche questo sembra davvero essere causato dalla mancanza di una sana autostima.

Ti svelo un segreto.

La verità?

Tutti bravi a parlare o scrivere articoli su come alzare l’autostima per avere relazioni sessuali appaganti.

Proprio così.

Sbagliato!

Questa equazione non regge l’impatto con la vita.

Non è l’autostima il problema. Solo un illuso che deve riprendere a studiare, può pensare di lavorare con l’obiettivo di gonfiare le vele dell’autostima per navigare con forza e sicurezza nell’oceano del piacere.
Non è che se non hai abbastanza autostima allora non riesci ad avere relazioni oppure diventa la causa del tuo flop sotto le lenzuola, è il contrario!!!

Seguimi.

Se non riesci ad avere rapporti sessuali soddisfacenti perché hai un problema psicologico o un problema fisico che non te lo fa stare su, oppure che ti fa finire prima di calarti le mutande, capisci bene che l’effetto che ottieni nella tua percezione di uomo è che non vali abbastanza, non sei virile, non sei all’altezza, non sei sicuro di te. La causa è il problema sessuale che ti porta ad avere come effetto l’abbassamento della tua autostima.
Aggiungo: con ragione!

Le persone come Mario o come me, che non riescono in qualcosa di così “normale”, non possono sentirsi capaci, se così fosse sarebbero dei deliranti.

Se il mio pene o la mia vagina è fuori controllo e non riesco a fare sesso allora mi sento incapace, non all’altezza, insicuro e di conseguenza sento di non avere autostima.

Allora cosa posso fare?

Di sicuro non posso lavorare sull’autostima come struttura e quindi come obiettivo per sentirmi più sicuro e capace sessualmente, perché come afferma il collega psicoterapeuta strategico Luca Proietti: “l’autostima è un effetto, io faccio qualcosa quindi ho autostima”.

Nella sessualità: “la mia asta si abbassa e quindi la mia autostima la segue” e mi sento di aggiungere che da una parte è vero che alla base abbiamo la paura di non essere all’altezza ma andando oltre, fino alle conseguenze a cui la persona va incontro.

Ti sei mai chiesto guardando lo scenario più catastrofico, cosa succede se fallisco e fallisco di nuovo?

La frustrazione aumenta, non mi sento più un uomo, mi chiudo sempre di più in me stesso, non esco perché tanto non ha senso, non parlo più neanche con le ragazze perché tanto sono castrato, non ha più senso prendermi cura di me, la sera divano, meglio non uscire, la mia vita è distrutta.

Esatto.

Parliamo tanto di paura ma la sensazione di base che alimenta la paura di non essere all’altezza e quindi di fallire è: la paura del dolore nel vedere la mia vita distrutta.

Il dolore per noi rappresenta un segnale che indica due esperienze: sto arrivando ad un punto di rottura oppure che la rottura c’è già stata.

Cosa posso fare per riemergere da questo dolore che mi prosciuga l’energie?

Questi sono 3 step da seguire ogni volta che veniamo travolti da un doloroso tsunami.

1. Fermati. Dopo un incidente, la prima fondamentale indicazione è restare fermo, immobile per evitare di procurarti lesioni letali.

2. Effettua il check up. Restando nella stessa posizione fai la scansione di te stesso, per controllare le capacità e le risorse funzionanti.

3. Mantenere in forze ciò che funziona. Iniziare a muovere le parti sane, allenale e mantienile forti e attive, così che per effetto alone esattamente come una macchia d’olio vanno a contagiare e contaminare gli altri aspetti della tua vita.

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Dei miei organi preferiti, il secondo è il cervello.

Woody Allen

Spero tanto che non me la dia!

Non ho sbagliato a scrivere.
Mi dispiace deluderti, ma è questa la dura verità.

Anzi, non solo…

Il 99% dei pazienti che viene da me per risolvere il proprio disturbo sessuale ad un certo punto della terapia esordisce con questa esclamazione.
Lascia che ti dica.
Il partner che spera di fare sesso è l’incubo peggiore di una persona con problemi sessuali e la vergogna è il sentimento prevalente. Il timore di essere scoperto, di non rispettare e rispecchiare le aspettative dell’altro ad un certo punto diventano invalidanti.
Così maschi e femmine, si tirano indietro non per rispetto, pudore, integrità morale o cavalleria, ma per il timore della vergogna.

Si ritirano dal gioco prima che questo abbia inizio, perché se non gioco non perdo.

Giusto?

No, sbagliato. Perché così facendo non corri neanche il rischio di vincere.

Proprio così.

Il problema è che l’iniziale e sporadica difficoltà sessuale lavora all’interno del suo umano proprietario passando rapidamente dal tarlo del timore ad una più strutturata preoccupazione che a sua volta, ad ogni inciampo alimenta l’ansia da prestazione. Tale ansia da prestazione, che non dipende dall’autostima come taluni autori ci vogliono far credere, si mantiene e si alimenta secondo la logica paradossale del “Sii spontaneo!”,  per dirlo con le parole di Paul Watzlawick, (1974): una erezione o un orgasmo sono fenomeni spontanei e quanto più sono voluti, attesi e desiderati, tanto minori sono le probabilità che si verifichino.

Allo stesso modo, più cerco di restare calmo e più mi agito e più voglio controllare la mia erezione, farla venire o mantenerla più non arriva o la perdo, realizzando la paura più grande.

Non dobbiamo dimenticare il terreno fertile dell’aspettativa su cui tutta questa mia condizione prende vita, il concime speciale in questo caso è la speranza, che fa germogliare l’illusione di potercela faremo che ben presto muore nella delusione dello scontro con la realtà. Ed è in questo momento che con estremo dispiacere il terreno fertile viene asfaltato dalla frustrazione che finisce per sfociare nella disperazione per la condanna al fallimento.

Lascia che ti dica

Qualunque cosa che possa sfociare in un fallimento fa paura, e più quel fallimento è pubblico, maggiore è la paura, perché abbiamo evoluto un “cervello sociale” che ci fa sentire il bisogno di appartenenza.

Di conseguenza mettersi alla prova equivale ad imbarcarsi in modo del tutto sprovveduto in un’impresa dagli esiti incerti e questa è una cattiva idea. Scrivo questo perché il mettersi alla prova è la soluzione, o meglio tentata soluzione, che tendenzialmente viene agita subito dopo la prima defalliance sessuale.

L’uomo vuole dimostrare a se stesso in primis che è stato solo un caso, un piccolo inciampo e che non è malato, non è un suo problema, che non c’è nulla da temere ed è tutto a posto.

Naturalmente così facendo si ritorna al paradosso del sii spontaneo che asfalta anche l’ultimo  germoglio di speranza e se il fallimento all’inizio è un dubbio poi si trasforma in certezza. Ed ecco  che la persona per paura del fallimento preda della sua insicurezza inizia a mettere in atto la seconda tentata soluzione: l’evitamento della situazione tanto temuta.

Anche questa modalità rientra nelle tentate soluzioni perché da una parte la persona evitando la situazione temuta si sente in salvo, al sicuro, nessun fallimento finalmente. L’ha scampata!

Ma la volta dopo? Cosa farà la volta dopo? Come si sentirà?

La falla in questo caso è qui. La volta dopo si sentirà ancora di più insicuro e incapace.

E quella dopo?

Ancora peggio. Proprio come un virus l’evitamento si propaga per tutto l’organismo e va ad intaccare anche tutte quelle funzioni che funzionavano.

Questo avviene per tutti noi, indipendentemente dal tipo di disturbo sessuale, l’evitamento per scongiurare l’ennesimo fallimento è una delle strategie che va per la maggiore quando siamo preda di ansia e paura.

Evitamento che rischia di trasformarsi in ritiro sociale come nel caso di Edoardo, che dopo la ghigliottina da divorzio aveva smesso anche di uscire con gli amici e si era trasformato in un capo tiranno.

All’incirca mi aspettavo questo anche da Mario.

Invece…

Non lo potevo ancora sapere ma stava per stupirmi con effetti speciali.

Il mio nuovo paziente guerriero aveva trovato un modo del tutto particolare per provare ad affrontare la disfunzione erettile.

Proprio così.

Da una parte continuava a mettersi alla prova e dall’altra evitava le situazioni pericolose.

Ti chiederai: In che senso Rita? Com’è possibile?

Stava provando a mettersi alla prova con una tentata soluzione aggiuntiva: la precauzione sociale!
Nella sua vita aveva avuto solo due relazioni, una con l’ex moglie e subito dopo il divorzio una relazione non molto stabile con una ragazza non molto equilibrata, comunque non c’era niente da fare, l’asta non riusciva a stare su.

Mario per sua natura essendo un combattente, un guerriero non poteva darsi per vinto e davvero non l’accettava questa impotenza, quindi tra le varie cose geniali che gli vennero in mente c’era il provare e riprovare nel mettersi alla prova, lo faceva ogni settimana ma ben attento ad utilizzare una piccola precauzione.
Lascia che ti spieghi.
Lui nel provare con le donne continuava a sperimentare sempre e solo il suo fallimento. 

Ma non essendo sprovveduto, si proteggeva dalla gogna pubblica.

Come?

Si era iscritto su una di quelle App di incontri e se ne andava in giro per tutta Italia, per cercare di fare sesso. Nessuno lo conosceva e quindi non era un grande problema se avesse fallito.

Ti chiederai: e riusciva a fare sesso?

Ovviamente no!

Era sempre più frustrato?

Certo!

Era diventato un dispensatore gratuito di illusioni che si trasformavano in delusione a livello nazionale.

Stava collezionando una serie di fallimenti flop in ogni regione, come chi colleziona le calamite con  il nome delle città da attaccare al freezer.

Mi ricordava lo studio che aveva condotto sugli insetti, in particolare gli pseudoscorpioni maschi, che come Mario non usano il sesso con i partner, si limitano a sparpagliare in giro dei piccoli palloncini pieni di spermatozoi, provvisti di gambo e le femmine nel loro girovagare possono decidere accovacciarcisi sopra e assorbirli.  

Mario gli unici palloncini che lasciava in giro erano pieni di delusione, provando il fallimento, condito con infusi e mix vitaminici, ma del resto sopportabile perché le femmine erano delle sconosciute che non avrebbe rivisto e che non avevano il potere di macchiare la sua vita sociale con questa onta.

L’esperienze fallimentari andavano ad incrementare in lui la sua percezione di incapacità e l‘unica nota positiva era il suo costante allenamento nella capacità di conquistare le donne, era davvero bravo, ci sapeva fare con le parole.

Tanto che cercai di cavalcare questa sua virtù e riportalo nella terra ferma, tra i comuni mortali.

Non avrebbe mai e poi mai provato con donne vicine a lui.

La situazione stava degenerando

Non solo Mario fuggiva dalle donne ma letteralmente quando a forza usciva con gli amici le evitava cercando di dare il meno possibile nell’occhio.

Quindi da una parte l’evitamento e dall’altra il rifiuto palese nei confronti del gentilsesso. Non guardava ma nessuna donna, mai un accenno di sorriso figuriamoci giochi di seduzione o battute. 

A volte ammette di averci provato, aveva anche ballato con una donna molto attraente ma nonostante le forme di lei erano in contatto con la sua asta, quest’ultima non era rimasta ben chiusa nel suo involucro.

E più Mario si concentrava nell’ascolto del suo pene, più cercava di resuscitarlo, più il suo caro amico non davi segnali di vita. Dall’oltretomba continuava il suo “sciopero della gnocca” come lo definiva lui.

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Che una bella donna conceda o neghi i suoi favori, le piace sempre che le vengano chiesti.

Ovidio

Le 2 strategie per ritornare a vivere di piacere e di soddisfazione.

Se il mio pene è “fuori uso” posso davvero sentire avere fiducia in me? Di sentire di valere come uomo? Posso davvero provare a fare sesso felicemente con chiunque?

Ovviamente no.

O meglio, solo se sei psicotico e vivi in una realtà parallela.

La verità?

Non esiste nessuna pozione magica, nessun “filtro del sesso” o magica pozione che infonda in te sicurezza e autostima, perchè la verità è che non funzioni.

Esiste però quello che dico sempre ai miei pazienti: lacrime e sangue.

Sarò onesta, poteva andare peggio perchè in questo caso le mie indicazioni sono piuttosto piacevoli, sfido chiunque a dire il contrario.

Penserai: “Rita, ma tu cosa ne sai di come ci sente quando si soffre d’impotenza?”

Vedi, quando si soffre di impotenza o qualsiasi altro disturbo sessuale, la cosa che cerchi di fare è nasconderlo, del resto riguarda la sfera “intima” e se si chiama così c’è un motivo, altrimenti si chiamerebbe sfera “pubblica”.

Di sicuro non so cosa significa nascondere una pene fallato agli occhi e mani di una donna funzionante e desiderosa di avere un’asta pronta per soddisfare i suoi desideri, perchè come ben sai io non sono provvista di pene. 

Tuttavia, posso stupirti con effetti speciali.

Proprio così.

Purtroppo per me io lo so benissimo cosa significa voler nascondere un proprio handicap a letto, anzi due… uno imbarazzante e uno doloroso.

Vedi, io lo so cosa significa essere in cerca di qualcuno da conoscere, stare in comitiva o anche in un locale insieme a persone interessanti. Ridere, scherzare, fare battute e magari fare anche colpo su qualcuno e poi fermarsi.

Capita ogni tanto che preso dall’euforia del momento, ti dimentichi di quello che è ben visibile agli occhi ma che tu nascondi, spesso goffamente.

E allora?

Metti qualche metro di distanza, sposti lo sguardo e niente, proprio non ci riesci, non te lo puoi permettere perché per te niente è normale e semplice.

Sai le volte che mi sono detta: “No, è troppo complicato”.

E per preservarti dal dolore del fallimento e dalla vergogna inizi a fustigarti, ricordandoti che tanto tu sei così ed è meglio rinunciare. I colleghi che si occupano di autostima penseranno: “è il tuo sabotatore interno!” oppure “devi avere più autostima in te stessa”.

Lasciami dissentire.

Sarò adesso politicamente scorretta.

Sono stanca di sentire video dove basta fare un respiro profondo per far in modo di avere un livello di autostima elevato che ti consenta di superare la tua ansia da prestazione.

Evitando di proseguire nel commentare se respirare è diventato opzionale per l’umano e nessuno me l’aveva detto o se è peggio continuare a sostenere l’impalcatura dell’autostima come struttura che ci aiuta a superare l’ansia da prestazione. 

Chiudo la parentesi per aprirla di nuovo su coloro che l’ansia da prestazione ce l’hanno a causa di un limite fisico, causato da un incidente o un disturbo psicologico, vedi è così che sei tu stesso il tuo sabotatore.

Ne sei perfettamente consapevole, anzi volontariamente a volte ti ci trasformi perchè hai bisogno della sua voce per proteggerti da un dolore più grande. Ed è così, che indossi la tua corazza, che da una parte ti protegge e dall’altra t’imprigiona, ma ti è utile in quel momento. Riesci ad essere di nuovo serio e distaccato, evitando di venir travolto dal piacere anche se questo ti porterà a lungo andare a non sentire più le emozioni.

Per una vita ho cercato di nascondere ciò che per me è irreversibile e di tempo per riflettere come puoi immaginare ne ho avuto a sufficienza.

“Lacrime e sangue” in abbondanza ma orientate al dovermela cavare “nonostante” la mia situazione e non al superare qualcosa, perchè io non avevo niente da superare, solo una condizione reale da accettare e gestire.

All’inizio non ci sono riuscita, era davvero troppo, ed è così che ogni mia esperienza nella direzione dell’intimità era intrisa di ansia e comportamenti standard, che comprendevano uno scenario costruito per farmi sentire meno in imbarazzo, ma che non faceva altro che confermare a me stessa la mia diversità, il mio handicap e nessun mago dell’autostima mi avrebbe mai potuta aiutare.

Come scrive Filippo Ongaro: “Ogni esperienza che viviamo e ogni reazione che abbiamo a quell’esperienza allena il cervello a un certo tipo di risposta nel tentativo di standardizzarla.”

Ed è così che ogni volta che devi affrontare una situazione potenzialmente sessuale ti lasci invadere dall’ansia, il tuo cervello imparerà che quella è la tua risposta standard da adottare e la riproporrà come sua preferita. Con il passare del tempo e il ripetersi della stessa risposta, si vengono a costruire dei copioni che per quanto disfunzionali vengono messi in atto, naturalmente è per questo motivo che è molto più difficile cambiare dopo un lungo periodo in cui si è reagito in un certo modo.” (Neurosoluzioni)

Difficile non è impossibile.

Se per il trattamento dei disturbi sessuali c’è bisogno di una terapia sessuale costruita ad hoc, queste sono 2 strategie utili, che si possono adottare durante la terapia, ma anche prima, nell’attesa di rivolgerti ad uno specialista e ti permettono non di superare il tuo limite da di spostarlo in avanti:

1. Strategia: La domanda del “Come se”.

Questa domanda è decisamente stra-utilizzata, abusata, da tutti coloro che sono in cerca di creare delle soluzioni laddove non ce ne sono.

Io personalmente ne faccio un utilizzo diverso, unico ma fondamentale, nelle mie terapie il “Come se” è la bussola che orienta verso la stessa direzione, cioè la soluzione, ma sfruttando due angolazioni diverse, così da ottenere la miglior visuale possibile.

Nel caso in cui il problema sessuale si è sviluppato in un secondo momento, con la domanda emergono i comportamenti, i gesti, le azioni che venivano messe in atto nel passato dove il problema non era presente. Nel caso in cui la persona si trova all’inizio delle sue esperienze sessuali, si sfrutta la tecnica immaginativa per creare dal nulla nuove competenze.

Ma l’aspetto più importante è che nel caso specifico dei disturbi sessuali, è proprio grazie all’utilizzo di questa tecnica che si riesce a fare emergere tutte le tentate soluzioni che la persona mette in atto per cercare di risolvere il problema ma che invece lo mantengono e lo alimentano. Ma la cosa davvero sorprendente è che in questo caso, la persona da sola riconosce e realizza l’effetto peggiorativo delle sue risposte di comportamento, ovvero delle sue tentate soluzioni. 

Non solo.

Questa tecnica di immaginazione e azione, ha differenti forme ed è versatile, ancora di più. Prescrivo ai miei pazienti questa domanda come guida, e ti invito a fare lo stesso tutte le volte che ne dovrai affrontare un nuovo incontro. Questa domanda è l’ago della bussola che ti orienta in questo momento difficile e confuso: 

Cosa farei come se io non avessi il problema? Farei questa cosa?”

Ogni volta che ricevi un invito da un amico o esci con una persona, ma anche con il partner, oppure semplicemente entri in un locale,  ti devi chiedere: “Come mi comporterei come se non avessi il problema guarderei, parlerei, farei, questa cosa oppure farei altro?”

“Proverei a fare sesso con quella persona o neanche ci penserei?”

Ti svelo un segreto.

Lo sai cosa mi risponde la maggior parte?

Queste le risposte: “No, ma figurati!”, “A pensarci se non avessi il problema, non me ne sarebbe fregato niente perché non avevo per voglia, dopo 14 ore di azienda senza neanche aver pranzato, volevo solo il divano”,  “Ma no, perché quella là è brutta, non è il mio tipo, è un cesso che non si guarda”, e altri 1500 motivi che dimostrano come chi ha problemi sessuali si complica volontariamente la vita, mettendosi alla prova nelle situazioni che non c’azzeccano niente con loro.

Non solo! Molti evitano di esporsi anche solo per una semplice conoscenza vietandosi situazioni piacevoli, al di là del sesso. In pratica si castrano anche emotivamente e socialmente.

Keep calm!

Qualcuno di nuovo si illumina e dice: “Ci parlerei soltanto, perché potrebbe essere una persona interessante” e ancora, “ci riderei soltanto… ci scherzerei soltanto” e invece magari neanche le guardano perché hanno paura che queste chissà che film si fanno, ma l’unico film che gira è nella testa di chi ha un handicap da nascondere.

Porsi questa domanda è utile, anche solo per guidarti in quello che stai facendo, non solo nella programmazione futura ma anche nel presente ed è così che senti di riprendere in mano il volante della tua vita.

Personalmente nelle mie terapie sessuali adotto questa tecnica molto frequentemente e con questi adattamenti che ho trovato decisamente utili e calzanti.

Ti consiglio si utilizzare la domanda del “come se” nella veste di “siero della verità” per far emergere le differenze tra i comportamenti e le azioni che tendi a mettere in atto in risposta al problema sessuale e che invece di risolverlo lo alimentano. Questo ti permette di autocorreggerti in modo spontaneo nel momento dell’esposizione senza dover programmare in anticipo le tue esperienze perchè come scrive Paul Watzlawick: “un modo quasi sicuro di trasformare un incontro sessuale in un fiasco è programmarlo e premeditarlo con estrema cura.”

Solo successivamente come scrive il collega Flavio Cannistrà questa tecnica permette di modificare determinate percezioni e/o produrre nuovi significati, in quanto il cambiamento ottenuto attraverso il “come se”, essendo un’esperienza vissuta in prima persona risulta essere molto efficace.

Questa domanda è la guida per ritornare ad essere il pilota della tua vita, orientandoti nella direzione di quello che spontaneamente e naturalmente è la tua sessualità.

Altrimenti corri il rischio di fare come Andrea, un uomo di 45 anni molto attraente, che continuava a soffrire di disfunzione erettile nei locali di scambisti, perché costantemente si incaponiva di volersi mettere alla prova con donne verso le quali non provava attrazione.

Grazie alla domanda: “Se tu non avessi il problema faresti questa cosa?” si rese conto che aveva costruito tutta una sua convinzione relativa al suo funzionamento sessuale e questo fu il primo passo per smontarla.

 

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Quello che ti manca chiedilo in prestito a te stesso.

Catone il Censore

2. Strategia: Stile sessuale “curioso adolescente”. 

Quando si inizia una terapia sessuale, uno degli obiettivi è avere uno stile sessuale utile a trasformarti nell’amante perfetto.

Esattamente come quando ci decidiamo di metterci a dieta è importante puntare sul cambiare il proprio stile di vita per non cadere nella trappola: perdo peso ma come ritorno a mangiare li riprendo tutti con gli interessi; allo stesso modo in ambito sessuale il tuo pene può anche riprendere a funzionare, ma se non cambi a 360 gradi il tuo modo di fare sesso, conformandolo ad un tuo stile sessuale che ti fa vivere ogni esperienza come spontanea e naturale, corri il rischio di vivere con un handicap e/o ricadere nel problema.

Come starai immaginando non mi riferisco alla penetrazione.

Almeno spero!

Sfatiamo questo falso mito: il sesso non equivale alla penetrazione, quella è solo una parte aggiuntiva finale e per giunta non necessaria. Non mi riferisco neanche ai preliminari come l’intende il 97% (e sono buona) degli uomini. Perchè la donna la devi accendere in quelle che sono le sue zone erogene e non le tue!

Proprio così.

Sappi che le zone erogene delle femmine sono totalmente opposte a quelle del maschio.

E non sono quelle che pensi!

Mi spiego meglio.

Te li ricordi i primi approcci sessuali quando eri adolescente?

Ti ricordi quanto eri imbranato e non sapevi assolutamente niente!

Non c’erano video porno, o comunque non erano così accessibili, perchè internet mica c’era!

Al massimo avevi visto qualche foto di un giornalino rubato tra le rete e il materasso dei tuoi genitori.

Ricordi quindi come tutto era una novità?

Come ti sentivi incosciente, curioso ed imbranato, in balia dei tuoi ormoni?

Ricordi i tuoi primi approcci con l’altro sesso? Un disastro!

Tranquillo è stato così per tutti. Era la normalità.

Nei primi approcci era già tanto se riuscivi ad avvicinarti alle spalline del reggiseno, figuriamoci il resto. Ma non ti sei arreso, hai provato e riprovato con tanta pazienza e altrettanta tenacia, fino a quando sei riuscito ad avvicinarti al suo seno. La penetrazione? Un miraggio lontano.  Ma senza abbatterti, giorno dopo giorno ricominciavi a giocare con quel corpo che ti veniva concesso a rate e con il contagocce, ma che avevi imparato a conoscere meglio del tuo.

Ti svelo un segreto.

Tu non lo sapevi, ma stavi vivendo il vero segreto della sessualità e del massimo della prestazione sessuale.

Proprio così.

Avere un corpo davanti senza la presunzione del “so fare tutto io”, ma andare alla imbranata ricerca di qualche misterioso e nascosto pulsante di accensione del piacere.

Senza aspettative alimentate dagli attori di YouPorn, niente illusioni o delirio di prestazione.

Tutto era molto naturale e graduale.

E onestamente, anche per forza perchè prima di concerdersi ne doveva passare di tempo!!!

Ma tu senza perderti d’animo, valorizzavi questo tempo per analizzare centimetro su centimentro, lentamente e piacevolmente, sfogandoti a fine giornata con l’insostituibile “fai da te”.

Tuttavia eri diventato un esperto del piacere del partner e concentrandoti esclusivamente su di lei avevi piano piano svelato ogni suo segreto. Conoscevi le sue zone erogene, sapevi riconoscere ogni sua alterazione fisiologica, epidermica che stava ad indicarti la via giusta da seguire per arrivare al centro del suo piacere. 

Questa è la seconda strategia che devi mettere in atto per sentirti di nuovo sicuro in mezzo alle donne:

approcciarti alla sessualità con una nuova visione, trasformando il tuo stile sessuale per ritornare ad essere un “curioso adolescente” fuori e dentro al letto, che gioca senza paranoie e come un esploratore cerca il tesoro nascosto, ovvero i punti del corpo che accendono in lei il desiderio, che si trasforma in eccitazione e sfocia nel piacere assoluto.

Il sesso è puro divertimento, è piacere, è un vulcano che fa esplodere le nostre sensazioni e la donna non vuole altro che provare piacere, in ogni cellula del suo corpo, e non solo nell’orgasmo finale.

Insostituibile per lei è colui che riesce a lasciarla completamente soddisfatta. Riuscire in questo ti eleva ad amante perfetto.

Un sogno vero? Soprattutto se soffri di disfunzione erettile o di qualche altra difficoltà.

Il segreto per essere l’amante perfetto è: dispensare piacere e portare tutta la tua attenzione sull’altra persona, guardarla negli occhi mentre prova il massimo del piacere per poterne godere anche tu. 

Come puoi ritornare a comportarti come un “curioso adolescente” per dispensare il massimo del piacere?

Chiediti da cosa ti accorgi che lei sta provando piacere? Non fermarti alla parole, perché le parole sono semplicemente parole. Per sapere se davvero sta provando piacere la devi osservare, guardala negli occhi, le espressioni del suo viso, le sue labbra. Osserva ogni singolo muscolo del suo corpo. Concentrati nella ricerca delle sue reazioni epidermiche e vai alla scoperta ogni volta di quello che le piace, perché niente nella sessualità è standard e quello che porta al piacere con un partner non piace con un altro e allo stesso modo quello che mi eccita durante un rapporto sessuale può non eccitarmi la volta dopo pur mantenendo lo stesso partner.

Il segreto della sessualità è viverla con la curiosità di quando eravamo adolescenti, che ci spingeva ad esplorare il corpo dell’altro centimetro dopo centimetro, a partire da ciò che ci era concesso toccare e vedere per provare di di volta in volta a conquistare una parte di corpo in più. Tutto questo avveniva molto lentamente e più lentamente si esplorava il corpo dell’altro più il desiderio di potervi accedere cresceva.

Prima di poter arrivare ad avere la penetrazione, c’era tutto un lungo travaglio, a volte doloroso perché l’asta era troppo tesa e dovevi correre ad abbassarla.

Le prime volte non era concesso il rapporto completo e ti arrangiavi come potevi. Partendo dai capelli, per poi scendere lungo il viso, approdare alle labbra, e giù, scivolare lungo il collo ed eri attento ad ogni minimo cambiamento, nel respiro, nell’epidermide per sentire se riuscivi ad azionare l’interruttore del via libera e solo allora più o meno timorosamente andavi ad esplorare il poco che ti era concesso cercando di poter infilare la mano sotto la maglietta o avvicinando la bocca alle zone “proibite”, rimanendo concentrato su quello che vedevi funzionare, quello che alterava i normali ritmi fisiologici, le reazioni epidermiche e lì restavi concentrandoti ancora di più per portarla a superare quel punto di non ritorno.

Ed ecco il paradosso: senza penetrazione e senza contatto diretto tra gli organi genitali esplodeva l’orgasmo più intenso mai provato.

Ritornare a giocare con la sessualità, trasformandoti nell’amante perfetto che si dedica al piacere della donna che ha davanti, con l’obiettivo di svelare il segreto del suo piacere. Perché ogni donna ha un suo segreto in attesa di essere svelato e lo puoi fare senza l’uso del pene.

 

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Il sesso è come il bridge: se non hai un buon partner, meglio che tu abbia una buona mano.

Charles Sanders Pierce

 

Bibliografia

L.Proietti, Psicologia per Eroi Podcast, “Come si può costruire l’autostima?”

J.Ledoux, Il Cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, J.Ledoux,Baldini&Castoli s.r.l., 1996, Milano

B.Lotto, Percezioni. Come il cervello costruisce il mondo,Grafica Veneta S.p.A, 2017, Padova

M.Schilthuizen, Organi sessuali, evoluzione e biodiversità, Reggiani Arti Grafiche srl, 2019, Varese

F.Ongaro, Il metodo Ongaro, Sperling&Kupfer, 2019, Milano

G.Nardone, Emozioni: Istruzioni per l’uso, Ponte alle Grazie, 2019, Milano

B.Paoli, E.Parpaglione, Manuale delle tecniche psicologiche, Giunti, 2022, Milano

P.Watzlawick, J.H.Weakland, R. Fisch, Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi, Casa Editrice Astrolabio, 1974, Roma

 

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Psicologa, sessuologa e psicoterapeuta.

 

Sono Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica di Arezzo.

Sono psicologa clinica, sessuologa, terapeuta Emdr e Ipnologo.

Come sessuologa ho studiato i vari approcci terapeutici dal punto di vista della sessualità per fornire un intervento personalizzato ma al tempo stesso breve e risolutivo.

Al contrario dei miei colleghi mantenendo il focus sulla sessuologia sono andata alla ricerca all'interno dei vari approcci di nuovi strumenti utili da personalizzare.

Da 12 anni aiuto le persone a costruire una sana autostima e realizzare i propri obiettivi.

Da 7 anni mi occupo dei problemi relativi alla sfera sessuale e all'attività clinica di psicoterapia.

Da 5 anni sono formatore in diversi corsi di sessuologia, autostima legata alle relazioni amorose e problem solving strategico.

Appassionata di Problem solving strategico, crescita personale ed autostima le ho integrate alla mia terapia sessuologica e clinica.

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