Il dettaglio fa la differenza: il mio puzzle personale.

da | Sessualità

Regolarità e originalità: le due facce di un disturbo.

QUESTA E’ LA MIA STORIA…

Fin da piccola amavo i puzzle, ricordo che già a 12 anni li facevo su commissione.

Proprio così…

Le persone dall’euforia della moda del momento, acquistavano l’immagine più bella ed affascinante, senza fare i conti con la complessità dei singoli piccoli pezzi da far combaciare alla perfezione.

L’attenzione al dettaglio era fondamentale, naturalmente senza mai perdere di vista l’obiettivo finale. 

L’errore non era concesso e neanche impiegare troppo tempo.

 

Era un giorno come tanti…

Mi ricordo ancora i banchi stretti dove ero seduta mentre stringevo tra le mani il mio libretto blu in attesa di sentire il mio nome e potermi alzare per superare un altro dei tanti esami dell’Università…

Ancora però non sapevo che da quel giorno tutto sarebbe cambiato..

Rientravo tra i pochi fortunati in Italia ad avere nel piano di studi l’esame di Sessuologia Clinica.

Penserai…

“Che bello! Magari avessi avuto anch’io questa opportunità, al posto di esami pesanti e noiosi.”

Come darti torto?

Lo pensavo anch’io! All’inizio.

Poi ad un certo punto tutto cambiò…

La mia aspettativa carica di speranza si rivelò solo un’illusione che si trasformò in profonda delusione nell’istante esatto in cui mi sono accomodata in quella sedia bianca davanti all’uomo con la barba nera.

Lascia che te lo dica…

Fu un vero e proprio disastro!

L’esame era impegnativo, interessante ed entusiasmante, sinceramente era davvero molto bello, mentre rispondere alle domande del professore decisamente meno.

Comunque, io risposi a tutto ma con un imbarazzo tale da sperare di finire al più presto quella tortura.

No, non era colpa del professore. In un’altra situazione avrei detto anche che era divertente.

Lascia che ti racconti cosa mi è successo…

Fino ad allora non mi ero resa conto di quanto per me il sesso fosse un tabù.

Proprio così…

Ricordo ancora esattamente l’espressione tra il sorpreso e lo svilente del professore mentre pronunciava quelle parole:

“come puoi aiutare le persone se sei così imbarazzata nel parlare di sesso?”

Seguito da:

“non fa per te. Se sei così in imbarazzo non sarai mai una brava sessuologa. Lascia perdere.”

Per la prima volta nella mia vita mi ero sentita inadeguata e umiliata, ma soprattutto arrabbiata con me stessa.

E non per quello che puoi pensare, ovvero l’esame, presi anche un bel voto, nonostante l’ansia da prestazione o meglio la “vergogna da prestazione”.

Sai qual era la verità?

Il professore aveva ragione!

Per quanto avessi studiato, per quanto io ce l’avessi messa tutta, non ero riuscita a nascondere, figuriamoci superare, il mio più grande limite, il mio più grande tabù.

Non potevo ancora saperlo ma era solo la punta dell’iceberg. 

“Non ce la farai, lascia perdere la sessuologia.”

Giorno dopo giorno quelle parole dure come macigni risuonavano dentro di me.

Io, che mi ero iscritta a psicologia per aiutare le persone e sessuologia era soltanto una piccola parentesi che non aveva importanza eppure…

Qualcosa in me si stava muovendo.

Devo farti una confessione…

Non mi piace perdere! E dato che si è sconfitti solo quando ci si arrende, per il momento avevo solo messo la questione in stand by per poter raggiungere il mio primo obiettivo: la laurea.

Dopo l’università mi iscrissi ad un Master in Sessuologia.

Penserai: banale!! La solita storia della solita sessuologa!

Hai ragione.

Ma le cose sono andate proprio così, solo che…

Hai presente la punta dell’iceberg?

Al contrario dei miei colleghi, anch’io sono stata dall’altra parte.

Proprio così…

Proprio dalla tua, esattamente al tuo posto, ma ancora non lo sapevo.

Tutto sembrava tanto banale.

Come banale era quel martedì quando camminando per le strade di Roma tutto cambiò, la mia vita stava prendendo una direzione inaspettata, ignara che da li a poco la mia vita sarebbe cambiata.

Entrai in aula, la docente non era ancora arrivata.

Poi, durante la lezione per la prima volta sentii parlare nel dettaglio dei disturbi sessuali femminili, di quei sintomi, tanto inconfondibili quanto conosciuti e seduta su quella sedia bianca mi sentii sprofondare.

Ricordo che mi sentii “rotta”, feci un respiro profondo e provai a non farci caso.

Ecco che feci il mio primo bagno di realtà. direi più una doccia fredda.

Eh si, proprio così.

Era tutto vero.

Accadeva anche a me.

 

Se apri il vaso di Pandora poi devi anche saperlo chiudere.

Per una donna avere un disturbo di questo tipo è doloroso ma non totalmente invalidante tuttavia adesso che il vaso di Pandora era stato aperto avevo solo un desiderio: chiuderlo!

Come?

Semplice, trovando la soluzione e farlo nel più breve tempo possibile.

Grazie alla scuola avevo a disposizione dei terapeuti sessuologi ai quali rivolgermi. Conoscendo bene i vari approcci di ognuno e gli stessi terapeuti in quanto miei docenti, ho iniziato la mia selezione e scelsi quello che sentivo più adatto a me..

Andai in seduta e finalmente avevo la mia diagnosi.

Lascia che ti sveli un segreto…

L’ho provato sulla mia pelle..

Avere la diagnosi non ti aiuta a guarire.

Anzi…

Devi stare molto attento a non trasformala da una parte in condanna e dall’altra in profezia che si autorealizza.

Per un attimo ho pensato di attaccarmi addosso l’etichetta e andare avanti senza dover più lottare o sentirmi sbagliata ma semplicemente con un alibi come Jolly da tenere in tasca.

Lo ammetto, è stato solo un pensiero durato ben poco, ma la verità è che la diagnosi non mi risolveva il problema e non mi diceva neanche come poter fare.

Tuttavia avevo un vantaggio…

Essendo del “mestiere” conoscevo le differenze di intervento tra i vari approcci terapeutici e questo era un punto a mio fare. 

Forse…

La collega a cui mi sono affidata aveva molta esperienza e apparentemente il suo approccio sembrava essere molto indicato per il mio problema ed infatti le sedute mi aiutarono a comprendere sempre più cose di me e di quello che volevo.

Davvero tutto molto bello ma i mesi passavano e nessun miglioramento, anzi altri “mostri” venivano a galla senza però avere le armi per combatterli. 

Mi sentivo sempre più triste.

Proprio così…

A nessuno piace star male,

A nessuno piace rinunciare a sentirsi vivo,

A nessuno piace rinunciare a conoscere persone perché poi dovrai fare un passo indietro.

Volevo solo ritornare a vivere la mia vita, volevo solo ritornare avere il controllo del mio corpo, insomma volevo una soluzione!

Una soluzione per tutti.

Ammeto di essermi sentita persa. Avevo sbagliato qualcosa. Probabilmente dovevo andare su qualcosa di più tecnico.

Mi ritrovai così in un approccio decisamente più concreto. Ricordo che provai una prescrizione standard e fu un vero e proprio disastro. Le successive, sempre da manuale, andarono decisamente meglio, anche perché il funzionamento mi era chiaro e le avevo calzate alla mia percezione.

Finalmente avevo la soluzione.

Due manovre e via!!!

Certo il tutto era un pò meccanico però provvisoriamente funzionava. Mi ero adattata a delle tecniche terapeutiche che proponevano diagnosi e relativa soluzione, che io stessa avevo studiato e sperimentato.

Ora la domanda è solo una. 

Se non sei un addetto ai lavori, come puoi trovare lo specialista che abbia gli strumenti più adatti per risolvere il suo problema?
Del resto io stessa ho avuto la necessità di rivolgermi a due colleghi e metterci del mio.

Riuscire a fare sesso spesso non significa sentire di aver risolto il problema.

 Era la sera di San Lorenzo, me ne stavo sdraiata nel mio giardino coperta con un telo rosso e con il naso all’insù.

Mi dispiace deluderti…

Non ho visto nessuna stella cadente ma ecco che si accende in me una strana idea.

Tutti i miei colleghi, io compresa, ci specializziamo in un approccio terapeutico nel quale crediamo e nel quale ci riconosciamo, investiamo tanto tempo e tanto denaro. Lo facciamo perché questo ci permette di acquisire gli strumenti necessari per affrontare i vari disturbi.

Bene, ma cosa c’è di strano?

Lo fanno tutti?

Esatto!!!

Lo volevo fare anch’io!

Doveva solo essere: risolutivo e breve.

Seguimi…

Questa è stata la mia illuminazione:

E se invece di sposare un approccio terapeutico e inserire al suo interno la sessuologia facessi il contrario?

Mi spiego meglio…

La sessuologia al centro, partire dai problemi sessuali e come un ricercatore studiare nei vari approcci le tecniche utili e selezionarle per raggiungere l’obiettivo.

Inoltre…

Se era vero da una parte che i sintomi erano comuni e si potevano trovare nei manuali; così come nei manuali si potevano trovare gli esercizi di supporto per ritornare ad avere rapporti, sai meglio di me che una cosa è avere rapporti spontanei e un’altra è averne seguendo delle istruzioni.

È come quando iniziamo a guidare, stiamo attenti alla sequenza dei gesti, lo facciamo ma non lo sappiamo fare.

Allo stesso modo, avere una soluzione che ti permetta attraverso compiti di avere rapporti sessuali non è come sentire di avere il controllo del proprio corpo e delle proprie sensazioni. 

Riuscire a fare sesso spesso non significa sentire di aver risolto il problema. Capire come funziona un problema non significa mettere in atto un cambiamento. Dimentichiamo o sottovalutiamo troppo spesso come noi percepiamo noi stessi, gli altri e il mondo.

Ricordi quando ti ho parlato del secondo terapeuta?

La prima manovra standard che mi ha prescritto si è rivelata per me non solo un disastro ma ha contribuito a peggiorare la mia situazione.

Perché?

Ognuno percepisce la realtà in modo diverso e non è detto che quello che fa bene a te lo faccia anche a me. Quello che per alcuni è una medicina per altri è veleno. 

Andai quindi alla ricerca di tutta una serie di strumenti utili a costruire un approccio sessuologico efficace ed efficiente.

Penserai..

“È un lavorone”

Si e no.

Iniziai a frequentare webinar e scuole di psicoterapia, tutte avevano qualcosa da dare (che ovviamente prendevo) ma non tanto da essere il terreno sul quale costruire il mio progetto. Mi sentivo una nomade e questo non mi piaceva, preferivo da sempre avere punti fermi e sicuri.

E proprio quando avevo perso tutte le speranze, successe l’imprevedibile.

La mia cara amica e collega, quasi sotto minaccia, mi convinse a frequentare un webinar presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo del Professor Giorgio Nardone. Ricordo come fosse ieri quando mi telefonò, stavo entrando dentro Stazione Termini, ero appena uscita dall’Istituto di Terapia Cognitivo Comportamentale e lei mi parlava dell’ultimo libro del Professore sugli Attacchi di Panico e della possibilità di assistere al corso. Credo di non averle mai dato così tanto filo da torcere, mi opponevo e obiettavo ogni sua affermazione, neanche mi avessero pagata per farlo.

Alla fine andai ma nessuno come me era più scettico rispetto alla terapia breve strategica, ma l’avevo promesso alla mia amica.

E infatti..

Come al solito…

Mi sbagliavo…

Quel giorno, nella seconda fila dell’aula al piano superiore del Centro di Terapia Strategica,

accadde una magia. Il tassello mancante lo avevo appena trovato. Il pezzo di puzzle che dava forma alla mia immagine, il pezzo mancante per unire tutti gli altri pezzi.

Era tutto vero!!!

I problemi si potevano risolvere in tempi non biblici.

In quella sedia di velluto rosso con la struttura di ottone, mi sono seduta e li sono rimasta (ebbene ammetto che vado ancora).

Avevo trovato il terreno sul quale costruire le fondamenta del mio approccio breve e risolutivo. Avevo trovato la base solida sulla quale costruire il mio edificio che avrei chiamato “Sessuologia Strategica”.

Naturalmente, il bello doveva ancora venire. Il mio progetto di intervento risolutivo e breve doveva avere un’altra caratteristica fondamentale, che dovevo ancora scoprire per evidenziare ed esplorare.

Ma io ancora non lo potevo sapere…

Il mio primo disastro da “manuale”.

Devo ammettere che lavorare utilizzando la terapia breve è davvero molto soddisfacente. quando una persona entra nel mio studio io ho un obiettivo: aiutarla a risolvere il suo problema nel più breve tempo possibile.

Ci passata io per prima e da paziente, so bene cosa significa e cosa si prova ad avere un problema e arrivare a chiedere aiuto ad un estraneo pur di venirne fuori.

Strategie, tecniche e protocolli d’intervento per ogni tipologia di disturbo, da calzare all’originalità che porta il paziente, forniscono al terapeuta ed al paziente una certa sicurezza.

E arrivati a questo punto ti starai aspettando il Manuale delle 10 tecniche di intervento per il trattamento dei disturbi sessuali.

Mi dispiace..

Qui non troverai niente di tutto questo.

E sai perché?

Perché ad utilizzare tecniche per trattare i disturbi sessuali siamo tutti bravi.

Penserai: ritorno alla psicoanalisi?

Non ancora..

E soprattutto ci tengo a sottolineare che questa non è una lotta tra i vari approcci terapeutici.

Ti svelo un segreto:

La sessuologia è poligama!

Starai pensando che comunque i sessuologi utilizzano tecniche e compiti per trattare i pazienti.

Sai cosa porta questo?

Troppo spesso i pazienti riconoscono di essere trattati con successo, ma non si sentono guariti.

Come me ti sarai chiesto: com’è possibile?

In realtà è molto più frequente di quello che si possa pensare.

Lascia che ti racconti…

Era il mio primo caso di Disfunzione Erettile.

Da brava strategica avevo il mio protocollo da seguire che ovviamente sapevo perfettamente.

Il caso era semplice, l’avevo definito da “manuale”.

Come puoi immaginare volevo dare il meglio di me perché un successo ad inizio carriera mi avrebbe aiutata a costruire una buona reputazione professionale.

Mi focalizzo su comunicazione, relazione e tecnica come mi avevano insegnato a scuola.

Un successo!

Utilizzo il protocollo, il paziente mi segue alla lettera e “puff” !!!

Come per magia sono bastate 4 sedute per risolvere il problema.

Non potevo saperlo ma la catastrofe era dietro l’angolo. Il mio “caso da manuale” si stava rivelando il mio “disastro da manuale”.

Da terapeuta (neanche troppo ingenua), sapevo che i casi da manuale sono rari, tuttavia questa volta non avevo dubbi. Avevo le tecniche, mi sentivo sicura e il mio paziente era ritornato a fare sesso come se il problema non ci fosse mai stato, doveva essere davvero così semplice lavorare con i disturbi sessuali.

Naturalmente mi sbagliavo,

Come un fulmine a ciel sereno.

Dopo appena tre mesi, il mio telefono squilla di nuovo: è lui! Il mio caso “da manuale” che mi chiede di nuovo la magia. A quel punto: panico! Mi chiedo come posso fare, dove posso trovare le risorse, gli strumenti necessari per aiutare questa persona che tanto fiduciosa tornava da me.

Non faccio mistero della mia reazione, per me è stata una doccia fredda. 

Mi chiedevo: dove ho sbagliato? Perché ha funzionato e adesso all’improvviso non funziona più?
Cosa posso fare di più di quello che ho fatto e che ha funzionato ma a quanto pare non è servito?
Avevo davvero sottovalutato questo caso?

Lascia che te lo dica…

Questo è stato il momento della mia vita in cui davvero ho pensato di arrendermi.

Ad ogni seduta mi sentivo sempre più frustrata. Le stavo provando davvero tutte.

Ma niente…

Sembrava che nulla funzionasse. Era mai possibile che uno dei miei casi più semplici si fosse rivelato impossibile da risolvere?

 

a

Se l’unico strumento che hai in mano è un martello, ogni cosa inizierà a sembrarti un chiodo.

A.Maslow

 

La tomba del terapeuta.

Ripresi in mano la situazione e analizzandola con la giusta attenzione, riproponendo le prescrizioni vincenti, come la Peggiore Fantasia, emerse che riusciva anche se non sempre e con difficoltà ad avere l’erezione e mantenerla in quella che era una prestazione forzata.

Questo era per il mio paziente un problema invalidante, anche in virtù del fatto che lo scopo del rapporto era indirizzato alla procreazione. Dovevo trovare la soluzione risolutiva.

Mi sfuggiva qualcosa ma non sapevo ancora cosa. Avevo eseguito un intervento da protocollo e mi ero illusa che fosse risolutivo.

Proprio mentre seduta sulla mia presidenziale nera e non sapevo più cosa fare, ad un certo punto… tutto è cambiato.

Come?

Ho messo in pratica esattamente quello che tanto professiamo ma che poi in realtà non facciamo,
ovvero smettere di guardare soltanto con le lenti del mio approccio terapeutico.

Era quello che volevo fin dall’inizio, possibile che mi fossi irrigidita così tanto? Possibile che fossi entrata in quella modalità di funzionamento che io stessa definivo “La tomba del terapeuta”?

Ebbene si.

Iniziai a riesumare tutte le mie competenze acquisite durante il mio navigare tra una scuola e l’altra e così ripresi in mano l’intero caso, analizzandolo e studiandolo in ogni singolo dettaglio; a partire dai diversi punti di vista, sia di definizione del problema, di formazione ma anche di dinamiche relazionali. Iniziai a studiare il funzionamento della coppia e dei loro rapporti dentro e fuori la camera da letto; scavai sotto la superficie.

Esattamente come quando da piccola lavoravo ai puzzle su commissione, ho impiegato il massimo dell’attenzione al dettaglio pur mantenendo una visione globale orientata all’obiettivo.

Da quel momento tutto cambiò.

Perché se è vero da una parte è vero che esistono delle regolarità nei disturbi sessuali,
dall’altra ogni persona porta la sua originalità, rendendo a sua volta originale il disturbo.

a

Se avessi solamente un’ora per salvare il mondo, passerei 55 minuti a definire bene il problema e 5 a trovare la soluzione. 

A.Einstein

 

Ri-caduta e ri-soluzione: il cavaliere ritrova il piacere perduto.

Durante le sedute e per tutto il percorso conoscendo il problema sessuale mi sono focalizzata sui protocolli per la gestione dell’ansia e dell’eccessivo controllo messo in atto dal paziente in ogni ambito della sua vita. Altra cosa emersa era che la dinamica di coppia vedere come unico detentore dello scettro del potere all’interno delle mura domestiche la compagna, soprattutto da quando avevano preso la decisione di avere un figlio. 

Nello specifico, avevano iniziato a provare ma come spesso accade i vari tentativi erano andati a vuoto e da un anno lui non riusciva più ad avere rapporti.

Penserai…

Deve rivedere il suo ruolo all’interno della coppia, stanarlo dalla posizione di “vittima”, anche perché se è vero che durante la giornata subiva le decisioni di una moglie castrante, la sera era lui che grazie alla sua impotenza si prendeva la “rivincita”, togliendole la cosa che più desiderava: la possibilità di provare piacere e di diventare madre.

Mi dispiace niente interpretazioni, inconscio o roba simile. E soprattutto niente di tutto ciò.

Nella mente dei due compagni di vita stava semplicemente risuonando il tic.. tac.. dell’orologio biologico di lei che per quanto desiderasse un figlio e fosse anche un pò rompiscatole, era davvero innamorata di lui e viceversa. 

 Le tecniche standard non funzionavano.

Cosa potevo fare?

Una sola cosa.

Analizzare e studiare esattamente nello specifico come funzionava questo problema, cosa lo aveva fatto funzionare da uomo virile e potente per anni e come potevo riportarlo a quella condizione.

Ripresi tutto dall’inizio. 

Lui mi aveva raccontato (e parlando con la compagna me lo aveva confermato), che non solo non aveva mai avuto problemi con la sua spada ma anche che la sguainava sempre e continuamente anche in situazioni per niente appropriate.

E adesso?

Avevo trascurato questa parte. Una sessualità spontanea, definita dal protagonista stesso “selvaggia”, aveva ceduto il posto ai doveri coniugali, alla comodità di un letto matrimoniale e stava subendo la pressione della responsabilità genitoriale.

Ecco cosa mi era sfuggito…

Come prima cosa ho iniziato a lavorare sulla distinzione del voler fare sesso e aver voglia di fare sesso e da lì è stato prescritto di approcciarsi sessualmente alla riscoperta del piacere.

Inoltre questa mia prescrizione, ovvero il divieto del letto era utile per altri due motivi:

1. Ricominciare ad avere approcci sessuali e anche rapporti, in situazioni dove si poteva essere scoperti portava il mio paziente a spostare l’attenzione dal suo pene.

2. Il divieto di fare praticare sesso nel letto matrimoniale, toglieva ansia da prestazione e tentativi di controllo, facendo riemergere la spontaneità dell’eccitazione e dell’erezione. 

Perfetto. La strada era giusta ma non completamente.

I rapporti fuori dal letto erano un successo, finalmente ero riuscita a togliere la testa del cavaliere dal suo pene e a dir suo era stato divertente ed eccitante.

Tuttavia, da me si dice: “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco.”

Proprio così..

Il mio gatto mi stava scappando per la seconda volta.

Non ci potevo credere…

Ero ad un passo dalla soluzione, quando di nuovo ritorna lo spettro del fallimento. 

Seguimi…

Durante la notte, nel letto matrimoniale, le erezioni spontanee erano presenti e il mio paziente, carico di desiderio e sicuro in seguito al suo successo fuori dalla camera da letto, ha infranto il divieto ed ha iniziato la penetrazione.

Ha sbagliato?

No!

Ha funzionato?

No!

A questo punto c’era solo una spiegazione: mi trovavo davanti all’originalità del caso.

Lascia che ti spieghi…

Devi sapere che le erezioni mattutine vengono frequentemente sfruttate nel percorso terapeutico. Sono davvero un gran vantaggio perché come puoi immaginare, metà percorso è stato fatto.

Devi però sapere un’altra pratica che viene suggerita, ovvero la posizione con la quale riprendere ad avere rapporti sessuali. 

Durante il trattamento del disturbo erettile nello step in cui si arriva alla penetrazione, i manuali sconsigliano di iniziare con la “posizione del Missionario” in quanto la penetrazione è attuata dall’uomo che sovrasta la donna, per questo si ritiene che questa posizione lo possa caricare di ansia. Al contrario, viene suggerita la “posizione Andromaca“, dove è la donna ad essere sopra ed è lei a guidare. 

Questo protocollo standard viene utilizzato proprio perché il disturbo in questione presenta delle regolarità. Ammetto di comportarmi da eretica in questo perché non sono così tecnica e preferisco preservare quanto più spontaneità possibile anche nel trattamento dei disturbi sessuali.

Decisa a risolvere questa problematica, mi feci descrivere esattamente il comportamento e le azioni di quei 30 secondi in cui il mio cavaliere perdeva la sua spada.

Ecco la sua originalità…

Il cavaliere sente di avere una spada potente, così si avvicina alla compagna e inizia la penetrazione.

Fino a qui tutto bene.

Prova ad immaginare quello che poi accade…

Lei si muove e si tira su, si mette a cavalcioni sopra di lui nella “posizione Andromaca“, a questo punto il cavaliere è in un ruolo passivo, che in lui non genera particolarmente piacere. Si lascia dominare e resta fisicamente immobile mentre la mente si muove di nuovo in direzione del suo pene e ritorna a controllare la presenza dell’erezione, ma così facendo inibisce l’eccitazione e perde la sua spada.

Avevo trovato la sua originalità…

Andava contro quanto scritto nei manuali di sessuologia, ma lui funziona così e ad oggi non penso proprio che sia il solo. La posizione sessuale per eccellenza da intraprendere durante l’intervento terapeutico per lui era totalmente fallimentare. Inoltre era una posizione che se non avesse avuto il problema non avrebbe comunque praticato, perchè non era quella che lo eccitava maggiormente.

E come dico sempre a tutti i miei pazienti: il sesso è piacere e lo facciamo per piacere, ma se il piacere non c’è, perchè fare sesso?

 

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Psicologa, sessuologa e psicoterapeuta.

 

Sono Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica di Arezzo.

Sono psicologa clinica, sessuologa, terapeuta Emdr e Ipnologo.

Come sessuologa ho studiato i vari approcci terapeutici dal punto di vista della sessualità per fornire un intervento personalizzato ma al tempo stesso breve e risolutivo.

Al contrario dei miei colleghi mantenendo il focus sulla sessuologia sono andata alla ricerca all'interno dei vari approcci di nuovi strumenti utili da personalizzare.

Da 12 anni aiuto le persone a costruire una sana autostima e realizzare i propri obiettivi.

Da 7 anni mi occupo dei problemi relativi alla sfera sessuale e all'attività clinica di psicoterapia.

Da 5 anni sono formatore in diversi corsi di sessuologia, autostima legata alle relazioni amorose e problem solving strategico.

Appassionata di Problem solving strategico, crescita personale ed autostima le ho integrate alla mia terapia sessuologica e clinica.

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